30-31 Ottobre 2021, Sesshin al Tora Kan Dojo.

Un’immersione.

Amo osservare la luce che cambia dall’alba alla notte e filtra attraverso i vetri del Dojo proiettando ombre e riflessi mentre siamo seduti in Zazen.

Intorno alla nostra immobilità, rotea il profumo dell’incenso. Sento che scivolo sempre di più e m’immergo.

Poi i suoni. Da una parte il tocco del legno, da un’altra la voce argentina di una campanella, mentre il delicato rame della campana ci parla, dando istruzioni precise. E poi è una sinfonia, avvolti nella recitazione dei sutra, nei ritmi diversi, un tamburo ancestrale come il battito di un cuore, contrattempi improvvisi, eppure in perfetto sincrono, un coro di voci, alte e basse, in cui perdendosi, spaurandosi, ritrovandosi, si riprende sempre il filo del suono, l’intonazione, il verso, il ritmo, il cuore degli altri compagni di pratica, il respiro del vicino, il respiro del lontano, il respiro della terra, il respiro dell’universo.

Ricordo molti anni fa, quando avevo iniziato la pratica Zen, che il Maestro Paolo Taigō Kōnin Spongia aveva detto “non si può assistere alla recitazione di un sutra senza partecipare.”

Un’antica frase in sardo dice “No ti podes bagnare kena ti infundere”. Non ci si può bagnare senza infondersi.

Immergersi completamente.

Grazie al Maestro Paolo Taigō Kōnin Spongia per aver consolidato attraverso gli anni la pratica di Zen nel Dojo, e grazie al Maestro Federico Dainin Jōkō Sensei per avere orchestrato, con molta sapienza, il rito, la poesia e la magia di questa meravigliosa Sesshin.